Ci sono luoghi che sembrano fatti apposta per custodire incontri speciali. Montecatini Terme, con le sue architetture liberty e quell’aria sospesa tra eleganza e malinconia, è uno di questi. Era febbraio del 1994: la Valdinievole era immersa in una giornata umida e uggiosa, di quelle che invitano a starsene al caldo a leggere un buon libro o a parlare davanti a un caffè bollente o, meglio, un ponce alla livornese. Io, invece, ricevetti una telefonata che avrebbe cambiato il corso della mia vita. Dall’altro capo della linea, la voce inconfondibile del mio amico Mauro Dania. Mauro era uno scrittore dalla penna viva e dall’anima inquieta, con il dono raro di raccontare storie come se le parole fossero musica. Quella volta, però, non chiamava per condividere un racconto già scritto: mi confidò un desiderio, anzi, una necessità. “Claudio”, mi disse con tono grave ma anche acceso da un lampo negli occhi che non vedevo ma potevo immaginare, “prima che sia troppo tardi, voglio scrivere un libro per levarmi questo peso e questo segreto. Non un libro qualsiasi: voglio raccontare la vera storia della mia Maestra, la donna che negli anni Quaranta, in piena guerra, seppe educare, proteggere e dare dignità a tanti bambini di Montecatini. La sua vita è un pezzo di memoria che non deve andare perduto”. Ero già rapito. Non serviva aggiungere altro, ma Mauro continuò a raccontarmi dettagli, episodi, aneddoti che sembravano usciti da un film in bianco e nero. Mi propose di incontrarci subito, e il luogo scelto fu all’altezza della sua visione romantica: il Bar Imperiale di Montecatini Terme. Ora, bisogna dire due parole sul Bar Imperiale.
Non era un semplice bar: era un salotto liberty impregnato di storia, frequentato nel Novecento da personaggi di ogni tipo, dai magnati stranieri allo Scià di Persia, fino ad attori di passaggio e politici in incognito. Sedersi lì significava sentirsi parte di un’epoca che non c’era più, un po’ come ordinare un caffè in compagnia dei fantasmi eleganti della Belle Époque. Perfetto scenario, insomma, per far nascere un sogno e gustare cappuccini e pasticcini buoni.
Quel pomeriggio, tra il rumore delle tazzine e il profumo di dolcetti caldi, Mauro mi spiegò il suo progetto. Non si trattava di fantasia, ma di una storia vera, radicata nelle vie di Montecatini, nei cortili delle scuole, nei rifugi improvvisati durante i bombardamenti, e una storia d’amore segreta. Una storia di dolore e coraggio, di memoria e resistenza quotidiana. Io, che all’epoca provenivo ancora da un percorso più scientifico, con un lavoro ordinario che mi occupava oltre il 60% del mio tempo prima di abbracciare definitivamente il mondo della cultura, dell’arte e della critica, rimasi letteralmente affascinato da quel racconto. Sentii che quella voce meritava di essere amplificata, che quella maestra meritava di vivere sulle pagine di un libro. Così, senza pensarci troppo, presi una decisione: non sarei stato solo spettatore. Avrei accompagnato Mauro in quella sua avventura. Mi improvvisai editore, correttore di bozze, grafico e persino organizzatore della distribuzione dei libri. Una piccola casa editrice fatta in casa, come si vuol dire, tra amici, colleghi e tanta passione. Cercammo la tipografia giusta, che era un grosso e importante editore pisano, lavorammo alle correzioni, mettemmo insieme grafica e copertina (a volte più con entusiasmo che con tecnica, lo ammetto) e fu il primo libro con 2000 copie di tiratura. E alla fine, quello stesso anno, il libro vide la sua luce. Ricordo ancora la presentazione ufficiale, avvenuta non a caso proprio accanto al Bar Imperiale, nel vicino cinema. Fu un momento magico: un’opera che sembrava destinata a restare chiusa nella memoria di un uomo era diventata un dono per tutta la comunità. Le persone ascoltavano, commosse; io guardavo Mauro, e nei suoi occhi leggevo gratitudine. Avevamo dato vita a un sogno. Se mi volto indietro, vedo chiaramente che lì, tra un caffè, un pasticcino e una discussione sulle bozze, è nato il seme di Art-Alive. Non ne eravamo consapevoli, naturalmente. Allora sembrava solo un progetto tra amici, un episodio bello ma isolato. E invece era il primo passo di un cammino lungo trent’anni. Si partì da Montecatini Terme, con la sua aria di città termale in fase un po’ decadente e un po’ aristocratica, che fu la culla di questa avventura. E io, in quella giornata uggiosa di febbraio, non solo conobbi la forza di una memoria viva, ma iniziai a capire che l’arte e la cultura non sono mai semplici ornamenti: per me erano ossigeno, erano le mie radici, e sarebbero stati il mio futuro. Questo percorso per me era la vita che avevo sempre desiderato e sognato.
Se penso agli anni Novanta, mi viene spontaneo sorridere. Erano tempi pionieristici, in cui internet non era ancora la piazza globale che conosciamo oggi, ma una sorta di territorio inesplorato. Un Far West digitale in cui bastava un modem gracchiante per sentirsi pionieri di un nuovo mondo. E in quel mondo, a Montecatini Terme, c’era un piccolo avamposto che rispondeva a un nome altisonante: Starcruiser. Già il nome dice tutto: sembrava uscito da un film di fantascienza. Era il mio regno (o forse dovrei dire la mia “gabbia dei matti”, come la chiamavamo affettuosamente), un internet point tra i primissimi in Italia. Entrare alla Starcruiser non era come infilarsi in un negozio qualsiasi. No, lì si respirava un’aria diversa. Le pareti non erano neutre né minimaliste: erano esplosioni di colore, pennellate che ricordavano i quadri informali astratti. Non potevo immaginare un luogo sterile, bianco e ordinato: amavo l’arte e volevo che anche chi si avventurava in questo universo digitale nascente avesse la sensazione di trovarsi dentro un laboratorio creativo, più che davanti a un banale computer. Accanto a me, in quell’avventura, c’era un socio dall’anima vulcanica, conosciuto da tutti con il soprannome e di battaglia di NUKE il Piaga (mondo della rete, il nome la dice tutta…). Un nome che, detto così, potrebbe sembrare minaccioso, ma che in realtà nascondeva una personalità eclettica, geniale, capace di rendere ogni giornata un piccolo spettacolo, oltre che tra le menti più brillanti del periodo. Con lui, tra un crash di sistema e un’installazione notturna di Linux, riuscivamo a trasformare persino i problemi tecnici in storie da raccontare, ma questo è un altro racconto… All’epoca, collegarsi a internet era un atto di fede. Non esisteva la fibra, né il Wi-Fi: c’erano i modem che fischiavano e gracchiavano come gabbiani impazziti, e connessioni a pacchetti che costavano care. Noi, fortunati e un po’ temerari, eravamo a cento metri dalla centrale SIP: sembrava di avere un piede già nel futuro, anche se la realtà era fatta di schermate blu e di infiniti “Ctrl-Alt-Canc” che ci facevano imprecare in tutte le lingue, ma quelle in toscano erano più efficaci e risolvevano problemi… Ma era proprio in quel caos creativo che avvenne qualcosa di speciale. Stavo preparando la copertina del libro di Mauro Dania, il primo progetto che avevo curato come editore improvvisato. Non ero certo un mago della grafica: ero alle prime armi con Photoshop, e ogni piccolo ritocco richiedeva ore di tentativi, sbagli e riavvii. Eppure, fu proprio in quell’occasione che, quasi per gioco, decisi di creare una cartella sul mio computer. Dovevo salvare i file della copertina e, senza pensarci troppo, digitai un nome: Art-Alive. E da lì si partì. Non lo sapevo ancora, ma quel gesto semplice avrebbe cambiato la mia vita, ma anche il mio modo di pensare e di cambiare stile di critico, uscendo da percorsi televisivi e di case d’asta. Quella cartella divenne, col tempo, molto più di un archivio: era un seme, una promessa, un piccolo universo destinato a crescere e da condividere con anime dell’arte similari. All’inizio ci finivano dentro schizzi digitali, immagini modificate per gioco, qualche bozza di testo. Ma poi iniziai ad accumularci di tutto: collage, locandine di mostre, aforismi, appunti di critica, remix musicali, esperimenti culturali. Insomma, ogni scintilla creativa trovava lì il suo rifugio. Le notti alla Starcruiser diventavano lunghe e folli. Io e il Piaga restavamo svegli fino alle tre, con la porta socchiusa che lasciava entrare l’eco della strada e i personaggi più improbabili di via Manin. A volte erano temporali improvvisi a tenerci compagnia, altre volte figure misteriose che cercavano riparo. Ricordo ancora quelle serate con la radio accesa su RIN, quando la techno scandiva il ritmo dei nostri esperimenti digitali. In quegli anni nacque anche il mio alter ego, il mio pseudonimo: Utodatodi. Era un gioco, un nome inventato che però finì per rappresentarmi in tante iniziative, dalle mostre ai testi. Come Uto, mi sentivo libero di esplorare linguaggi, di firmare progetti, di creare identità artistiche parallele. E la cartella “Art-Alive”, silenziosa ma instancabile, continuava a crescere. Ogni file aggiunto era un tassello di un mosaico più grande. Non era solo un archivio digitale: era una finestra sul futuro, un diario segreto, una promessa che, prima o poi, sarebbe uscita dal monitor per diventare realtà. Se ci penso oggi, quasi mi commuove la semplicità di quel gesto. Bastò dare un nome a una cartella, e improvvisamente un sogno prese forma. Non lo sapevo ancora, ma Art-Alive era nato lì, tra un modem gracchiante, un crash di Windows e un remix techno ascoltato di notte. Un sogno che, come tutte le cose belle, iniziò quasi per caso e poi ti immergi dentro e non ne vuoi più uscire
La cartella “Art-Alive” era nata quasi per gioco, ma presto iniziò a trasformarsi in qualcosa di molto più serio. Non era più soltanto un archivio digitale: era diventata la mia officina creativa, il luogo dove prendevano forma esperimenti grafici, bozze di scritti, locandine per eventi, collage e frammenti di musica elettronica. Ogni file salvato aveva il sapore di un mattone in più verso una costruzione invisibile ma già viva. Fu in quegli anni che nacque anche la mia identità parallela, lo pseudonimo che mi avrebbe accompagnato a lungo: Utodatodi, o, più semplicemente, UTO. Un nome bizzarro, quasi un codice segreto, che mi permetteva di muovermi con più libertà. UTO era il mio alter ego creativo: lui firmava i testi, sperimentava sul palco, giocava con immagini digitali, scriveva aforismi pungenti e poetici. Era come se avessi finalmente dato voce a quella parte di me che non si accontentava di contemplare l’arte, ma voleva abitarla, smontarla e ricostruirla.
Per oltre quindici anni, Art-Alive e UTO camminarono insieme, portando avanti un’avventura fatta di mostre, performance teatrali, testi critici, autoproduzioni editoriali. Ogni evento era una sfida: trasformare l’arte in linguaggio condiviso, non più chiuso nelle cornici delle gallerie, ma vivo, pulsante, capace di dialogare con chiunque. In questo percorso arrivò un incontro decisivo: Pietro Mosca. Pietro non era solo un collaboratore prezioso, ma un vero compagno di viaggio. Con lui Art-Alive trovò nuova linfa. Pietro aveva un approccio rigoroso, uno sguardo capace di unire il dettaglio e la visione d’insieme, la disciplina del ricercatore e la passione del divulgatore.
Fu grazie alla sua collaborazione che il progetto smise di essere un insieme di iniziative isolate e cominciò a prendere una forma più riconoscibile. Non più soltanto un nome affettuoso stampato su una cartella digitale o su un volantino improvvisato, ma una realtà che iniziava a muoversi con più coerenza e forza. Art-Alive diventava presenza: nelle mostre, nei testi scientifici, nei cataloghi, nei libri pubblicati, nelle recensioni ad artisti del passato e viventi. Ogni occasione era buona per sperimentare: ricordo allestimenti teatrali che sfidavano le convenzioni, serate in cui immagini digitali e musica elettronica si fondevano, creando atmosfere sospese tra il sogno e il futuribile, specialmente per l’opera teatrale “L’Oltre” (il processo a Caravaggio), che a casa di Pietro Mosca e con l’aiuto dell’amico fotografo Giorgio della Vita abbiamo messo in piedi come esperienza teatrale unica, con balletti, suoni e coreografie, tutto fatto da noi. Avevamo anche le ballerine Claudio e Roberta Pedretti della Scala di Milano. Le scene venivano provate a Bergamo, nella sede di Arabesche. La musica remixata da me al PC e il “povero Luca Bertazzoni impazziva” con Photoshop, a forza di cambiamenti tecnici al libro e alle coreografie da fare. Lì si respirava cultura e pazzia tra me e Pietro. E poi mostre dove l’arte usciva dai canoni accademici per incontrare linguaggi nuovi, contaminazioni inattese. La cosa più sorprendente è che tutto questo non nasceva mai da calcoli o strategie. No, era puro entusiasmo, la voglia di giocare seriamente con la bellezza. Di provare, sbagliare, ricominciare, e magari scoprire che proprio dall’errore poteva nascere l’idea più luminosa. Col tempo, la sigla “Art-Alive” iniziò a circolare .
Compariva su locandine, cataloghi, copertine. Le persone cominciavano a riconoscerla. Era come se quel seme piantato in una cartella del 1994 stesse finalmente germogliando, spingendosi fuori dallo schermo del computer per affondare le radici nella realtà. Gli anni passavano, e con loro si moltiplicavano i progetti: testi firmati da UTO, collaborazioni editoriali, ricerche artistiche che univano memoria storica e sperimentazione contemporanea. Non c’era un vero confine: per me, l’arte era un territorio aperto, senza dogane né permessi, dove chiunque avesse un cuore sincero e un’anima vibrante poteva trovare cittadinanza. Ripensandoci oggi, quei quindici anni furono una lunga palestra, un laboratorio a cielo aperto. Non c’erano grandi mezzi, non c’erano sponsor importanti, ma c’era la cosa più preziosa: la libertà di creare, di rischiare, di sognare. E proprio da quella libertà, nutrita dal lavoro condiviso con Pietro Mosca e dal mio alter ego UTO, nacque la forza che avrebbe permesso ad Art-Alive di compiere il salto decisivo. Ma quella è un’altra storia. La storia di un anno preciso: il 2015.
Se i primi quindici anni erano stati un laboratorio di sperimentazioni e poche regole, il 2015 fu l’anno in cui tutto cominciò a prendere forma in modo concreto, ufficiale, riconoscibile. Era il momento di trasformare il sogno in realtà visibile, di dare un corpo e un volto al progetto nato quasi per caso in una cartella segreta sul mio computer. Tutto ebbe inizio con un libro: “dalla Preistoria al 1427”. Non era un libro qualsiasi, ma un viaggio che mescolava storia e surreale, la storia di Bergamo, partendo dai ritrovamenti fossili fino all’avvento dei Veneziani, un racconto che conduceva il lettore nelle pieghe di Bergamo, tra episodi reali e visionari. Era un progetto ambizioso, che richiedeva cura, attenzione e un marchio in grado di sostenere una narrazione così articolata e di ripercorrere migliaia di anni di storia. Fu allora che io e Pietro Mosca ci rendemmo conto che Art-Alive doveva uscire dallo schermo, doveva diventare qualcosa di tangibile, riconoscibile, con un’identità chiara come editore e divulgatore storico, scientifico e d’arte. Non più soltanto un nome affettuoso da cartella digitale o una firma sparsa sui progetti: era tempo di marchio, di logo, di presenza ufficiale nel panorama culturale italiano. A questo punto entrò in scena un alleato amico fondamentale: Luca Bertazzoni, grafico di grande talento (e, sì, atalantino di nascita – ma questa è una piccola curiosità che amiamo ricordare tra una risata e l’altra). Con Luca lavorammo al logo, studiando forme, colori e proporzioni, e al nome definitivo, con il .eu o senza. Volevamo che rappresentasse non solo un nome, ma un concetto: un ponte tra tradizione e innovazione, memoria e sperimentazione, arte classica e digitale. Quando finalmente il logo e il marchio Art-Alive.eu furono registrati, fu come vedere il sogno prendere forma davanti ai nostri occhi. La cartella segreta di anni prima non era più un piccolo archivio sul computer: era diventata un marchio culturale, un’entità capace di muoversi nel mondo reale, di dialogare con artisti, istituzioni, lettori e visitatori. Da quel momento, le iniziative si moltiplicarono: libri, cataloghi, ricerche, dispense online, mostre, eventi. Art-Alive.eu cominciò a percorrere l’Italia da nord a sud: da Palermo a Torino, da Pescia a Perugia, da Bergamo a Reggio Calabria, fino a tornare nella mia amata Toscana, terra madre e fucina di creatività. Ogni città, ogni galleria, ogni museo diventava un palcoscenico per dare respiro all’arte viva. Ricordo alcune tappe con particolare affetto: la collaborazione con il G.A.R.S., il Gruppo Autonomo di Ricerche Scientifiche presso il Museo Civico di Archeologia e Paleontologia; l’allestimento al Palagio e alla Gipsoteca di Libero Andreotti a Perugia; eventi in gallerie prestigiose di Bologna, palazzi comunali di varie città, e persino chiese e spazi non sconsacrati, dove l’arte poteva parlare senza filtri, incontrare il pubblico nella sua dimensione più intima e sorprendente. Il 2015 fu anche l’anno in cui compresi qualcosa di fondamentale: Art-Alive.eu non era più solo un progetto personale, una serie di iniziative legate a me e a UTO. Era diventata una piattaforma. Una piattaforma per dare voce agli artisti, per unire sperimentazione, ricerca e divulgazione culturale, senza barriere economiche o gerarchie inutili. Era un salto enorme, e come tutti i salti importanti, richiedeva coraggio. Non sempre è facile trasformare il gioco in realtà concreta, il sogno in organizzazione. Ma la forza dei primi anni, la passione e la collaborazione con persone come Pietro e Luca avevano creato le basi per qualcosa di solido, oltre al consolidamento di una grande amicizia tra noi. Incominciavamo a seguire artisti e eventi in tutta Italia. E così, da quel 2015, Art-Alive.eu iniziò a percorrere la sua strada ufficiale.
Il marchio non era più solo un simbolo: era promessa, impegno, identità culturale. Un simbolo di passione per l’arte e di attenzione per chi, pur senza notorietà o curriculum altisonanti, aveva il coraggio di portare avanti la propria creatività. In quell’anno mi resi conto che il sogno iniziato al Bar Imperiale nel 1994 aveva attraversato ventuno anni di evoluzioni, tentativi, notti insonni, errori e scoperte, fiumi di parole scritte e anche di progetti mai realizzati. Era diventato qualcosa che poteva vivere di vita propria, qualcosa che avrebbe continuato a crescere, a generare progetti, a dare voce agli artisti e alla bellezza, e a credere sempre nella nostra missione e nei nostri artisti. In altre parole: la cartella Art-Alive non era più un semplice spazio digitale, ma un organismo culturale in movimento. Ogni file salvato anni prima era diventato seme di mostre, pubblicazioni, ricerche, studi, eventi, incontri. Ogni frammento digitale si era trasformato in realtà tangibile. E, come tutte le svolte importanti, il 2015 non fu solo un punto di arrivo, ma un trampolino. Da quel momento Art-Alive.eu avrebbe continuato a crescere, adattarsi, sperimentare. Non più chiuso dietro uno schermo, ma in dialogo con il mondo reale, pronto a contaminarsi con nuove idee, nuovi artisti, nuove città. Il 2015 segnò, insomma, l’inizio di una nuova era, quella in cui il sogno digitale si fece presenza concreta, ufficiale, riconoscibile, pronto a costruire il futuro, senza perdere la leggerezza, la curiosità e l’energia che lo avevano generato.
Se il 2015 era stato l’anno della svolta, il 2020 arrivò come una doccia gelida: la pandemia di Covid-19. Tutto si fermò. Mostre, eventi, spostamenti vennero annullati; ricerche sospese, incontri rimandati sine die. Le sale si svuotarono, i cataloghi rimasero in stand-by, le città si fecero silenziose. Persino l’eco dei passi tra le gallerie sembrava essersi addormentata. Una coltre di paura avvolgeva le vite di ognuno di noi. Eppure, nonostante lo stop forzato, una cosa non si fermò: le idee. I sogni, quelli veri, continuavano a pulsare dietro le mascherine, dentro gli studi, nei piccoli spazi domestici trasformati in laboratori di creatività. Fu un periodo strano: sospeso, inquietante, eppure fertile. In quel silenzio forzato, Art-Alive trovò nuove sinergie. Le collaborazioni con colleghi come Raffaella Rita Ferrari e Giancarlo Bonomo, già amici con idee affini, si fecero più strette e prolifiche. Nacquero progetti come Eclipis, una rete di divulgatori d’arte capace di mantenere viva la cultura anche quando le strade erano vuote. Eravamo una fucina di idee: video di artisti messi in rete, critiche, cataloghi virtuali. Si rafforzò inoltre la collaborazione con la Fondazione Auxilia, museo di arte contemporanea, che ci permise di superare i limiti fisici imposti dalla pandemia, offrendo uno spazio per esposizioni. Quel periodo ci insegnò che l’arte non può essere sospesa. Può adattarsi, trasformarsi, trovare nuovi modi di esprimersi, ma non si arrende mai. La vera forza di un progetto culturale non risiede solo nelle mostre o nei libri, ma nella comunità che lo sostiene e lo fa vivere ogni giorno. Nel “nocciolo duro” degli artisti di Art-Alive.eu nacque una consapevolezza profonda e condivisa: l’arte non può ridursi a mera economia, biglietti, conti o numeri su un foglio Excel, come se fosse una merce da vendere o qualcuno da spremere. Per noi, l’arte vera è un atto di cuore, un dono universale, una passione che si trasmette, un’energia senza barriere. Compresi allora che il ruolo di Art-Alive non poteva limitarsi a un marchio, un’etichetta o un semplice organizzatore di eventi. Doveva diventare qualcosa di più: un faro, un punto di riferimento, un luogo dove gli artisti potessero trovare respiro, sostegno e libertà. Non era più tempo di mostre isolate o pubblicazioni sporadiche, ma di costruire comunità, di dare struttura all’energia creativa che ci animava. Così, tra il 2022 e il 2023, quasi naturalmente, prese forma l’idea di trasformare Art-Alive in una vera associazione culturale: una piattaforma inclusiva e attiva, dove il valore degli artisti si misura non dai titoli o dai curricula, ma dal cuore e dall’anima che mettono nelle proprie opere. Fu un periodo di riflessione profonda e di grande inventiva. Lavoravamo da casa, tra una call e l’altra, tra file condivisi e bozze digitali, ma il dialogo non si fermava. Con il Fuccini (l’incubo del Luca Bertazzoni), Luca Bertazzoni e gli altri membri del gruppo discutevamo, progettavamo, ridevamo insieme, e qualche volta ci prendevamo in giro per le complicazioni tecnologiche tipiche di quei mesi. Quel periodo ci insegnò che l’arte è resiliente. Può resistere a lockdown, distanze sociali, crisi economiche, eppure continua a vivere, trasformarsi e creare connessioni. La pandemia fu come un colpo di vento improvviso che scuote gli alberi: alcune foglie caddero, ma le radici si rafforzarono. In quegli anni nacquero idee che sarebbero diventate pilastri dell’Associazione culturale: progetti inclusivi, percorsi per dare visibilità a giovani talenti, iniziative che trasformano lo spazio urbano e i luoghi pubblici in scenari di cultura condivisa. L’arte non doveva più essere confinata tra le pareti di gallerie o in cataloghi rilegati, ma diventare esperienza viva, fruibile da tutti, accessibile e contagiosa. Paradossalmente, la pandemia ci offrì un dono: il tempo per riflettere, per dare forma ai sogni senza fretta e senza compromessi. Art-Alive poteva finalmente pensarsi non come un progetto personale, ma come una comunità. Una comunità che unisce artisti, critici, curatori, addetti agli
allestimenti e sostenitori, tutti con un obiettivo comune: rendere l’arte vera, viva e accessibile. Da questa consapevolezza, dall’urgenza di costruire qualcosa di solido e autentico, nacque la decisione definitiva: nel 2023 Art-Alive assunse la sua veste di Associazione Culturale. Un passo coraggioso, ma necessario. Non più solo eventi o pubblicazioni, ma una vera famiglia artistica, dove ognuno ha un ruolo e un compito, ma nessuno è indispensabile e tutti sono importanti. Fu un periodo difficile, certo, ma necessario. Un periodo che ci preparò a ciò che sarebbe venuto: la nascita dell’associazione, nuovi progetti, collaborazioni sempre più solide e la certezza che Art-Alive avrebbe continuato a essere un faro di arte viva per chiunque avesse il coraggio di sognare.
Se il Covid ci aveva donato tempo e consapevolezza, il 2023 segnò la svolta definitiva: Art-Alive smise di essere un semplice marchio, un’etichetta o un’organizzazione di eventi. Si trasformò in una vera e propria Associazione Culturale, dotata di strutture, regole e, soprattutto, di un cuore pulsante: una comunità viva di persone accomunate dall’amore per l’arte in tutte le sue forme.
L’obiettivo era chiaro e al tempo stesso rivoluzionario: offrire sostegno agli artisti, creare un veicolo per chi possiede due qualità essenziali, un cuore sincero e un’anima autentica nelle proprie opere. Non contavano titoli accademici, gallerie prestigiose o curriculum lunghi chilometri. Ciò che davvero importava era la passione, la dedizione e la capacità di trasmettere bellezza. Così Art-Alive divenne una famiglia, una grande famiglia composta da 45 soci attivi, ognuno con un ruolo preciso e insostituibile. Qui non esistono privilegi né gerarchie rigide: ciascuno porta il proprio talento, il proprio tempo e la propria energia. Tutti sono importanti, eppure nessuno è indispensabile. Questa è e resta la nostra filosofia: l’arte è inclusiva, la cultura è condivisa, il talento va valorizzato insieme. Nel nostro gruppo convivono pittori, scultori, fotografi, scrittori e poeti: persone che, attraverso le loro opere, parlano, emozionano, provocano pensieri e sensazioni profonde. Accanto a loro, critici e curatori studiano, analizzano e dialogano, donando spessore e profondità a ogni progetto. Gli organizzatori e gli addetti agli allestimenti trasformano idee astratte in realtà tangibili: ogni mostra, evento o libro prende forma grazie al loro impegno. I tecnici e i soci di supporto assicurano che tutto funzioni alla perfezione, affinché l’arte non resti sospesa nell’aria, ma trovi un terreno solido su cui radicarsi e vivere. Questa complementarità crea un mosaico perfetto: ogni pezzo è fondamentale, ogni contributo dà forma a un quadro di bellezza condivisa. La famiglia Art-Alive non è solo una rete di professionisti, ma un luogo dove le passioni si incontrano, dove la collaborazione diventa motore di crescita e ogni traguardo è una vittoria collettiva. La nascita dell’Associazione ha permesso di strutturare i progetti con continuità e precisione, dando vita a iniziative di grande rilievo, tra cui:
– L’Arco della Pace, opera dell’artista Giorgio Butini, benedetta il 21 marzo 2025 in occasione dell’apertura del Giubileo nella Basilica Papale di Assisi. Non un semplice monumento, ma un simbolo vivente di dialogo, speranza e pace, capace di unire arte e spiritualità in un messaggio universale. Dove approderemo anche negli Stati Uniti d’America nel 2026
– La Festa del Moscato di Scanzorosciate 2025, che ha trasformato la cittadina in un palcoscenico di colori, forme e cultura condivisa. Due mostre simultanee, nella Sala consiliare e nella Chiesa di Rosciate, hanno visto i soci di Art-Alive.eu impegnati in una vera maratona artistica, dimostrando come la collaborazione possa rendere grande ogni progetto. Tra visite guidate e brindisi di Moscato, non mancavano mai sorrisi e battute: perché l’arte può essere seria, ma anche divertente.
– Progetto Speranza, un percorso inclusivo in cui l’arte diventa ponte per abbattere barriere e permettere a chiunque di immergersi in un mondo di colori, forme ed emozioni. In un’epoca in cui l’accesso alla cultura è spesso condizionato da logiche economiche, Art-Alive ha scelto di offrire a tutti un’esperienza artistica accessibile, viva e partecipativa.
– Il Portale degli Artisti, un’iniziativa dedicata a riscoprire talenti locali dimenticati o poco conosciuti, offrendo loro la visibilità che meritano. Un tuffo nel passato e nel presente contemporaneamente, dove artisti appassionati trovano finalmente la vetrina che cercavano.
– Il grande evento del Progetto Assisi 2026, nato per celebrare l’ottavo centenario della morte di San Francesco. Una mostra e un libro omaggeranno la rinascita della Basilica Superiore di Assisi, rendendo omaggio ai grandi maestri del passato come Giotto, Cimabue, Cavallini e Lorenzetti. Gli artisti di Art-Alive.eu avranno l’onore di esporre accanto a giganti della storia, vivendo un’esperienza unica e quasi surreale: dialogare con i maestri attraverso la propria arte, un sogno che diventa realtà.
Ma la nostra visione non si ferma qui. Tra i progetti in cantiere:
– Una richiesta per un evento di rilievo al Museo Conte Verde di Torino, dedicato alla Pace con la socia responsabile Silvana Gatti.
– Una mostra prevista per giugno 2026 presso il Palazzo Affrescato Comunale di Pistoia, con il socio Matteo Gori.
– Un’esposizione al Museo di Leonardo da Vinci a Vinci, con i soci Chiara Lunardi e Matteo Gori.
– Una collaborazione con una galleria di Alassio per una mostra permanente a rotazione degli artisti dell’associazione, coordinata dalla socia Emanuela Congedo.
– Un ambizioso gemellaggio tra Scanzorosciate e il territorio vinicolo del Brasile, promosso dal nostro delegato Tommaso Squillace.
La nascita dell’Associazione non ha solo dato struttura ai progetti, ma ha anche consolidato un sentimento profondo: ogni socio non svolge solo un ruolo, ma vive l’arte. Ogni mostra, evento o pubblicazione è accompagnata da una poesia scritta appositamente, che fa da cornice e valorizza l’opera e l’artista. L’arte non è più isolata, ma dialoga con altre forme di creatività, diventando
un’esperienza completa e multisensoriale. Oggi Art-Alive è una comunità vibrante, un mosaico di energie che si sommano, un laboratorio continuo di idee e progetti. È un luogo dove la passione incontra la competenza, dove la curiosità si trasforma in azione, dove l’arte diventa vita. E forse è proprio questa la sua magia: partire da un piccolo sogno, custodito in una cartella digitale chiamata Art-Alive, per costruire una famiglia, un’associazione, una casa per l’arte. Una comunità in cui chi ama l’arte può sentirsi a casa, partecipare, contribuire, creare. Il 2023 segna così l’inizio di una nuova era, in cui Art-Alive non solo promuove l’arte, ma la fa vivere, respirare, dialogare. Non è più solo il mio sogno: è il sogno condiviso di tutti coloro che ne fanno parte, un sogno che cresce ogni giorno, si evolve e si rinnova. E così, tra artisti, poeti, critici e tecnici, tra mostre e pubblicazioni, tra eventi che raccontano storie e progetti che aprono nuovi orizzonti, Art-Alive.eu è diventata un faro culturale, un esempio luminoso di come passione, cuore e dedizione possano trasformare un sogno nel cassetto in una realtà tangibile, vibrante e viva.
Il primo gruppo di artisti si è formato attorno al Maestro Renato Fuccini, una vera colonna portante dell’associazione, sia come artista che come persona. Sempre disponibile, ma anche sempre un po’ brontolone, come da buon fiorentino doc — insomma, un classico! Poi c’è la nostra Chiara Lunardi, altro pilastro della famiglia Art-Alive: la sua calma e pacatezza sono state il collante che ha tenuto unito il gruppo. Mai tirata indietro, sempre presente a ogni evento e mostra, con quella serenità che solo lei sa trasmettere. Non possiamo dimenticare la Laura Altobelli: io, amante del Rinascimento, sono rimasto folgorato quando ho visto i suoi quadri astratti. Me ne sono innamorato subito, tanto da premiarla a Bologna con la critica — e sì, ho fatto le barricate con tutti per lei! Laura ci ha sempre dato supporto e forza, permettendoci di essere presenti ai suoi eventi nazionali e internazionali con l’associazione. La nostra poetessa Daniela Dante ci segue con dedizione a ogni evento, regalando poesie che sono veri e propri omaggi agli artisti. E poi c’è il nostro Fausto Nazer, che non ci ha mai deluso: sempre presente, sempre pronto a darci lustro con le sue opere. Certo, abbiamo un piccolo amaro in bocca per quella grande opera del Maestro che volevamo donare al Papa Giovanni di Bergamo e che invece è stata snobbata… ma non ci arrendiamo! Troveremo una location eccellente per collocarla, vedrete. Il nostro scultore Felice Tagliaferri è un altro pilastro fondamentale: sempre disponibile a omaggiare l’associazione con la sua presenza e le sue opere. Tra Felice e gli altri si è creato un sodalizio di amicizia che è diventato il cuore pulsante del gruppo. Questi sono i membri fondatori di Art-Alive.eu. Negli anni successivi si sono uniti a noi
altri talenti: come Adele Lo Feudo, nelle cui opere ho creduto fin da subito. Nel 2022 ho presentato il suo grande Rosario di Pompei all’Ateneo di Bergamo, un successo strepitoso per lei e per Art-Alive.eu. Poi è arrivata la giornalista Silvia Ammavuta, un altro pilastro dell’associazione. Con lei abbiamo intrapreso molti progetti, tra cui il Progetto Assisi e il Progetto Speranza. Silvia ha gestito interviste agli artisti del gruppo e a personalità del mondo dell’arte, come Carlo Motta e Domenico Monteforte del gruppo editoriale Giorgio Mondadori. E non dimentichiamo l’intervista e il video con la pittrice russa Olga Suvorova, che ci ha ricordato che l’arte non conosce confini né ideologie. Tra i soci si è unito anche il Maestro Giorgio Butini, scultore unico e indiscusso, che ogni tanto ci tiene col fiato sospeso per la sua salute. Lui è il papà dell’Arco della Pace, un’opera che ci riempie di orgoglio. Non posso non menzionare il Maestro Pietro Cavallini, con oltre 60 anni di esperienza nel mondo artistico, sempre pronto a mettersi in gioco per l’associazione e a organizzare eventi. E poi c’è la nostra Silvana Gatti, giornalista per riviste d’arte e abile artista. Con lei abbiamo una copertura preziosa del territorio piemontese, fondamentale per gli eventi che nel 2026 illumineranno il Museo Conte Verde. Quest’anno si è unita a noi anche Emanuela Congedo, scrittrice, poetessa e artista di arti figurative: una persona che, se non ci fosse, bisognerebbe inventarla! Nell’organizzazione abbiamo figure chiave che sono il motore dell’associazione: Gabriella Ambrosini, un vero rottweiler dagli occhi dolci che ci tiene tutti a bada — specialmente me! Per fortuna che c’è lei. Ernesto Berti, il nostro mago dei problemi tecnici, sempre pronto a risolvere ogni intoppo. E infine il mio amico fraterno Giampietro, che ho soprannominato “l’OPERAIO” (un importante imprenditore bergamasco), che da oltre 25 anni è al mio fianco, sempre pronto a darmi una mano operativa quando serve. In conclusione, Art-Alive.eu è un sogno che continua a vivere, cresciuto da una piccola cartella digitale a una grande famiglia di 45 soci attivi, un progetto che unisce cuore, talento e passione. Nella sezione soci, ogni membro ha il suo spazio per raccontare il proprio operato e il proprio profilo. È la prova che l’arte, quando è autentica, non solo sopravvive, ma respira, cresce e trasforma le persone e i luoghi in cui vive. E noi, beh, ci amiamo un po’ tutti — con qualche brontolio fiorentino, qualche poesia, qualche opera d’arte e tante risate lungo la strada.
In fondo, art-alive.eu non è soltanto un nome, ma un respiro comune, un passo condiviso. Non siamo atleti in gara, ma compagni di viaggio: ci sosteniamo, ci aspettiamo, ci rialziamo a vicenda. Ogni voce, ogni gesto, ogni silenzio trova posto, perché qui l’artista non è mai solo. Questo è il nostro desiderio più grande: rimanere uniti, essere un porto sicuro, un punto di luce per chi crea e per chi cerca, per chi inciampa e per chi corre.
Perché l’arte vive davvero solo quando la si custodisce insieme.
Claudio